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002p le macchine fotografiche, accessori e il dito del fotografo.

tipico apparato fotografico a lastre inizio novecento
tipico apparato fotografico a lastre inizio novecento

Questa è una tipica macchina fotografica dell’epoca, ai tempi della Grande Guerra. È probabile che il dottore AB ne avesse una di questo genere, portatile, diciamo moderna rispetto alle altre più ingombranti tipo banco ottico che necessitavano sempre un treppiedi. La Kodak con successo produceva macchine (Brawnie ed altre a soffietto) che usavano la pellicola. La rivoluzionaria Leica, che avrebbe usato spezzoni della pellicola a 35mm usata per girare i film, sarebbe arrivata più avanti, negli anni venti. Mio padre in Libia nel 1924 aveva una piccola macchina tedesca a soffietto che usava una pellicola d’uno strano formato.

lastra di vetro e scatole originali francesi
lastra di vetro e scatole originali francesi

Dalle lastre di vetro che sono arrivate fino a me si deduce che il dottore fotografo ne utilizzò almeno tre tipi. La maggior parte sono di vetro 10×15 cm il famoso e credo più comune formato cartolina. Usavano il bromuro d’argento come emulsione fotosensibile e questo era un grande progresso rispetto alle tecniche precedenti, permettendo di scattare foto a più alta velocità. Ne ho alcune del formato più piccolo 9x12cm. La scatola che le contiene non è quella originale, ma una per pellicole dello stesso formato di manifattura tedesca: Perutz P21 portrait matt con scadenza Aug, 73. Infine ho una scatola originale di negative stereoscopiche 4x10cm, quelle che permettevano con l’uso d’un visore speciale di vedere l’immagine in tre dimensioni. 

Le scatole delle lastre erano pesanti e care. Il fotografo era sempre molto accorto prima di scattare, voleva esser sicuro di quello che stava per immortalare, gli sprechi erano un inutile lusso.

prima
prima
dopo
dopo

Ma come faceva a sviluppare le negative e stampare le foto? Forse aveva allestito una camera oscura? Considerando le dimensioni della lastra la maggioranza delle immagini venivano riprodotte, dopo lo sviluppo, mettendo il lato dell’emulsione a diretto contatto con la carta sensibile per poi esporla ad una sorgente di luce, magari il sole. Non c’era bisogno di ingranditore, bastavano un bagno di sviluppo ed uno di fissaggio.

È anche probabile, come mi ha suggerito Lorenzo, che poteva inviare le negative ad uno laboratorio professionale e che lo stesso monogramma AB potrebbe riferirsi a questo piuttosto che all’autore. Questo è certo uno tema da “sviluppare”.

macchina fotografica stereoscopica del periodo
macchina fotografica stereoscopica del periodo

Le lastre stereoscopiche dovevano essere sviluppate e montate professionalmente su cartoncino, per poi esser visionate nello speciale visore.

La fotografia stereoscopica ebbe un grandissimo successo cominciando nella seconda metà dell’ottocento. Era tipico di molte famiglie borghesi di collezionare immagini di tutto il mondo da guardare con un visore che permetteva l’effetto ottico delle tre dimensioni per poi immaginare viaggi in luoghi lontani ed esotici.

visore per immagini stereoscopiche
visore per immagini stereoscopiche

La prima volta che vidi delle foto stereoscopiche fu negli anni cinquanta ed erano già fuori moda; era stato poi inventato un altro apparato, il View-Master che con lo stesso principio delle due immagini che sovrapponendosi davano l’effetto delle tre dimensioni.

Il Sor Camillo Benci di Sansepolcro aveva una gran collezioni di immagini del Sud Africa, dove aveva vissuto a cavallo fra I due secoli per vent’anni, e molte erano del guerra dei Boeri. Poi considerando che  ero grande abbastanza e col permesso della moglie, mi fu permesso di visionare il deposito segreto delle ragazze zulu nude. Fu quella la prima volta che vidi una donna nuda, che non fosse una statua od un dipinto. E non solo erano nude ma anche a tre dimensioni!

Il dottore fotolografo era fascista, ci sono varie immagini che ce lo confermano. Le vedremo più aventi. Quando AB andò a Roma ad una grande adunate decise che voleva tramandare la fama imperitura di Mussolini al balcone di Palazzo Venezia in tre dimensioni. Non fu accorto nell’impugnare la macchina ed immortalò anche un suo dito. In questa mia ricerca di identificare AB, il dottore fotografo, forse l’unico elemento sicuro rimarrà solo questo dito.

Mussolini al balcone di Palazzo Venezia ed il dito del fotografo a destra
Mussolini al balcone di Palazzo Venezia ed il dito del fotografo.

Posseggo una macchina stereoscopica. Credo che Kodak abbia sviluppato le immagini diapositive stereoscopiche fino agli anni ottanta. Venivano proiettate in un schermo e si poteva vedere con degli occhiali speciali.